Perché dobbiamo fare gli auguri alla Fiat
Di Carlo Pelanda (20-4-2009)
Questa settimana sarà decisiva per l’acquisizione della Chrysler da parte della Fiat. La questione va ben oltre le cronache economiche di settore perché riguarda la sopravvivenza o meno della stessa industria automobilistica in Italia e del suo enorme indotto, piccole imprese, concentrato nel nord. Spiego.
Chrysle non riesce ad andare avanti. Fiat le ha offerto la
tecnologia delle piccole automobili efficienti in cambio di azioni, fino alla
maggioranza. A patto, però, che il governo statunitense immetta liquidità, che le
banche creditrici accettino una ristrutturazione del debito Chrysler
e che i sindacati – statunitensi e canadesi – accettino di trasformare in azioni il loro credito
previdenziale nei confronti dell’azienda oltre alla riduzione del costo del
lavoro. I sindacati sembrano d’accordo. Resta lo scoglio delle banche
creditrici che guadagnerebbero, in apparenza, di più se Chrysler
fallisse e suoi beni fossero messi all’asta. L’Amministrazione Obama sta sostenendo l’azione della Fiat e sarà l’attore
principale per la trattativa con le banche. Le sensazioni sono buone,
aspettiamo gli eventi. Qui concentriamoci, invece, sulla rilevanza geoeconomica del caso. Il settore mondiale dell’auto è
colpito strutturalmente dalla sovracapacità
produttiva, peggiorata dalla crisi. Proprio Marchionne,
leader operativo della Fiat, sintetizzò qualche tempo fa lo scenario del
settore: resteranno pochi gruppi al mondo perché per sopravvivere un’azienda
deve avere una capacità di produzione e vendita di almeno 5,5 milioni di
autovetture. I grandi numeri, infatti, bilanciano il poco profitto per unità
venduta e gli alti costi di produzione. In tale scenario si salverà solo chi
acquisisce e si globalizza. Chrysler
è l’acquisizione perfetta per